Sospensione del processo esecutivo ex art 54 ter del decreto Cura Italia - le interpretazioni sugli aspetti salienti della norma
03-05-2020 17:58 - Le nostre news
L'articolo 54 ter del d.l. nr 18 del 17 marzo 2020 (cd. Decreto Cura Italia) ha previsto la sospensione delle procedure esecutive immobiliari per un periodo di 6 mesi a far data dall'entrata in vigore della citata norma (e quindi dal 30.4.2020 essendo la stessa stata convertita con la legge nr 27 del 24 aprile 2020 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il giorno 29 aprile 2020).
Il testo dell'articolo così recita: “Al fine di contenere gli effetti negativi dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, in tutto il territorio nazionale è sospesa, per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare di cui all'art. 555 del c.p.c. che abbia ad oggetto l'abitazione principale del debitore”.
Anche grazie all'intervento interpretativo di cui all'articolo qui a commento, si disaminano i vari aspetti della questione ritenuta di particolare interesse per quanto attiene sia all'impatto socio – economico della disposizione che alle conseguenze attuative per la posizione dei creditori ma anche dell'organizzazione degli uffici giudiziari.
Valga innanzitutto precisare che trattasi di previsione scaturita da esigenze di natura emergenziale e come tale, non essendo stata destinataria di passaggi parlamentari e prima ancora di discussioni in sede di commissioni preposte, essa sarà destinataria di inevitabili problematiche interpretative per le quali ci si auspica un indirizzo omogeneo da parte dei singoli Tribunali.
La finalità della disposizione è di natura socio – economica.
La situazione di eccezionale emergenzialità derivante dall'infezione da Covid – 19 ancora in atto e che produrrà certe ripercussioni al sistema produttivo nonchè occupazionale per i molti mesi a venire, ha indotto il legislatore a salvaguardare il debitore esecutato per il periodo di ritenuta prevedibile durata dell'emergenza (6 mesi) rendendolo così indenne dagli effetti ad egli pregiudizievoli derivanti dalla potenziale liquidazione giudiziale (con conseguente obbligo di allontanamento) della propria dimora.
Il dr. Silvio Leuzzi e dr. Raffaele Rossi in contributo qui a commento ed allegato, hanno disaminato gli aspetti salienti di tale previsione normativa fornendo anche interessanti spunti di riflessione sulla risoluzione delle problematiche ad essa afferenti.
1) Ambito di operatività.
Secondo l'art 54 ter (il cui titolo così recita: Sospensione delle procedure esecutive sulla prima casa) è sospesa “ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare di cui all'art. 555 del c.p.c. che abbia ad oggetto l'abitazione principale del debitore”.
Pacifica la distinzione tra la nozione di “abitazione principale” e quella di “prima casa”, evocativa più al campo dei diritti reali che ad esigenze abitative stabili, ci si è da subito interrogati sull'effettivo ambito di operatività della norma.
Sul punto deve ritenersi prevalente il concetto di abitazione principale a discapito di quello diverso - sia pure presente sub titolo dell'articolo - di prima casa; e ciò attesa la citata finalità socio economica della disposizione e così l'intento del legislatore emergenziale di attutire i risvolti già drammatici della pandemia preservando per qualche mese i debitori dal rischio di dover altresì trovare altra dimora per effetto dell'azione esecutiva in corso.
Il dossier parlamentare della legge di conversione precisa, peraltro, che per "abitazione principale" si intende quella nella quale dimorano abitualmente la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari (ai sensi dell'art. 10, comma 3-bis del D.P.R. n. 917 del 1986)
Secondo la condivisa interpretazione in articolo qui a commento, per la corretta definizione di “abitazione principale” è tuttavia d'ausilio anche la disciplina fiscale.
Ecco allora l'art. 13 d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, recante “Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici”, convertito con modifiche dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214 secondo cui “Per abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unita' immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente”.
In estrema sintesi due sono i ritenuti presupposti per l'operatività del beneficio della sospensione: la dimora abituale e la residenza anagrafica; ed essi, richiamati i principi di cui agli artt 2913 e ss c.c. sull'inefficacia per i creditori degli atti di disposizione giuridica pregiudizievoli nei loro riguardi, dovranno costituire un antefatto all'entrata in vigore della legge 27/2020.
Sulla base dei citati principi, tali presupposti dovrebbero in realtà sussistere ancora prima e sin dal radicamento dell'azione esecutiva e quindi dal pignoramento.
Su punto, si ritiene tuttavia di dover attendere l'intervento della Magistratura di Merito la quale, proprio in funzione della finalità eccezionalmente cautelare della norma (peraltro limitata a breve periodo) potrebbe ritenere opportuno mitigarne sotto tale aspetto l'ambito applicativo.
2) Limiti di applicazione:
Secondo l'art 54 ter “ ….. è sospesa …. ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare di cui all'art. 555 del c.p.c. …. ”.
Sulla base del tenore testuale della disposizione valgano i seguenti rilievi:
-) Premesso che il pignoramento è il primo atto dell'azione espropriativa (art 491 cpc : Salva l'ipotesi prevista nell'art. 502, l'espropriazione forzata si inizia col pignoramento) e che senza di esso non c'è pertanto “procedura”, non è giustamente precluso al creditore di radicare comunque l'esecuzione notificando il pignoramento immobiliare e così ponendo sul bene il vincolo di pregiudizialità a tutela del proprio diritto.
Hanno peraltro evidenziato gli autori che, qualora avesse ritenuto di intervenire in diversa direzione, il legislatore avrebbe potuto diversamente disporre con la previsione del vincolo di impignorabilità come in art 76 DPR 602/1973 (esecuzione esattoriale) ovvero con il divieto all'azione esecutiva come in art 51 l.f..
-) Sarebbero escluse le esecuzioni per rilascio.
E' ben vero che la ratio dell'intervento emergenziale indurrebbe, a maggior ragione, ad includere nell'ambito di applicazione anche tali fattispecie.
Posto che la lettera della norma richiama espressamente le procedure ex art 555 cpc tali diverse esecuzioni paiono tuttavia dover essere inevitabilmente escluse.
Per completezza deve sul punto tuttavia precisarsi che, nel contesto dello stesso d.l. n. 18 del 2020, è stato inserito il diverso art 103 comma 6 proprio sulla sospensione delle esecuzioni per rilascio indicata nella originaria formulazione sino al 30 giugno 2020 e poi differita, in sede di conversione, alla data del 1° settembre 2020.
3) I limiti alla operatività della sospensione:
Richiamata la già citata finalità della sospensione, gli autori in articolo qui a commento ritengono che laddove il debitore non subisca comunque un pregiudizio dalla prosecuzione dell'azione esecutiva la stessa non debba essere arrestata.
Il riferimento va all'ipotesi di aggiudicazione già intervenuta e decreto di trasferimento già emesso: la fase della distribuzione insomma.
In siffatte situazioni il debitore non subirebbe alcun vantaggio dalla sospensione (non sussistendovi più in concreto il presupposto del rischio di doversi allontanare dalla propria abitazione) a fronte invece dell'ingiustificato pregiudizio che ne deriverebbe ai creditori per un differimento della fase del riparto.
4) L'iter per la sospensione
La sospensione nel processo esecutivo richiama di per sè alcuni passaggi obbligatori quali l'istanza dei soggetti interessati e la fissazione di udienza a garanzia del contraddittorio onde consentire al creditore di contestare la sussistenza dei presupposti per l'arresto dell'azione esecutiva.
Tali astratte previsioni si rendono tuttavia illogiche in quanto inutilmente gravanti sul sistema giudiziario che sarà già messo a dura prova da mesi di interruzione.
Ci si interroga allora su come il Giudice possa concretamente emettere il suo provvedimento che non avrà certamente natura costitutiva ma meramente dichiarativa in quanto accertativa di una situazione in cui la norma legittima l'arresto della procedura esecutiva.
Ecco allora che nel contributo qui allegato, ed a cui ci si si richiama per ulteriori approfondimenti in materia, i suoi autori suggeriscono una prassi operativa certamente condivisibile fondata sul presupposto, da un lato, che nell'ambito dell'azione esecutiva lo stato di abitabilità dell'immobile è conosciuto e conoscibile da pressochè il suo inizio (atteso come nell'esecuzione dei loro mandati CTU, custodi e Delegati relazionano il Giudice sull'abitabilità dell'immobile da parte del debitore) e dall'altro che la residenza anagrafica è oramai un dato che può essere acquisito nell'immediato.
Ed invero:
“Può allora ipotizzarsi (e lo si accenna nei limiti consentiti alla finalità della presente trattazione) un provvedimento del giudice dell'esecuzione, espressione del suo potere di direzione della procedura ex art. 474 c.p.c. e di immanente controllo dei propri ausiliari, che indirizzi e orienti, in linea generale, l'operato degli ausiliari (altrimenti profilandosi una messe di richieste ad opera di questi, con tutte le nefaste conseguenze adombrate sopra) nel senso di arrestare le proprie attività qualora emerga, sulla base delle situazioni abitualmente oggetto di verifica ed in ogni caso con la acquisizione di certificazione anagrafica di residenza, che l'immobile staggito rappresenti la dimora abituale del debitore, e di dare segnalazione dell'avvenuto arresto al giudice dell'esecuzione, ai fini di un successivo provvedimento ricognitivo (anche in forma di decreto) ad opera di quest'ultimo.
Siffatto accertamento dell'ausiliario, trasfuso in un atto acquisito al fascicolo della procedura (la descritta comunicazione al giudice dell'esecuzione), avrebbe l'effetto di tutelare hic et inde il debitore esecutato, senza peraltro compromettere le facoltà del creditore che, in thesi, intenda contestare la ricorrenza del presupposto legittimante la sospensione, siccome abilitato a formulare reclamo ex art. 591-ter c.p.c. e, in tal modo, invocare una pronuncia del giudice dell'esecuzione che, concordemente alla natura del provvedimento reso in sede di reclamo ex art. 591-ter c.p.c. individuata dalla Suprema Corte, avrebbe contenuto esclusivamente ordinatorio dello svolgimento della procedura esecutiva”.
Questa è una delle prime interpretazioni su una disposizione di legge che pone numerosi problemi interpretativi, stante la sua formulazione estremamente generica tenuto altresì conto che la stessa è entrata in vigore nell'immediato e che la sua operatività ha comunque un arco temporale ristretto.
Si rimane pertanto in attesa delle concrete applicazioni che ne daranno i Tribunali di Merito auspicando che esse siano il più possibile uniformi.